Antigone, Sofocle

Descrizione ♦

La protagonista ha visto i fratelli uccidersi reciprocamente, il primo all’assalto di Tebe, il secondo a difesa della città, su cui regnava. Ora il sovrano della città è diventato Creonte, che ha ordinato che il corpo del traditore rimanga insepolto, ma Antigone non accetta il bando: se Creonte agisce così in nome delle leggi scritte, per impedire che la città cada in preda all’anarchia, Antigone ritiene che le leggi degli dèi e i vincoli del sangue debbano essere salvaguardati ad ogni costo. Tuttavia sarebbe fortemente limitativo interpretare “Antigone”, sulla scia dell’intuizione hegeliana, come un conflitto fra le due forze più profonde operanti nella storia: la famiglia e lo stato, entrambe legittimate a imporre le proprie leggi. Nell’insanabile dualismo fra Antigone e Creonte, la tragedia chiama in causa le alternative intrinseche all’esistenza umana, opposizioni irriducibili che si manifestano in cinque coppie polari: uomo-donna; vecchiaia-giovinezza; società-individuo; vivi-morti; uomini-divinità. Antigone è donna, giovane, si ribella contro una società patriarcale a cui una donna doveva sottostare; ogni sua cura è rivolta al mondo dei morti e alle leggi non scritte che lo governano: la sua norma sono gli dèi. Creonte è maschio, anziano, ritiene che la dimensione dell’uomo sia lo stato: ogni sua decisione è presa in funzione di chi è vivo. Queste strutture fondamentali della vita, ieri come oggi, costituiscono un’esperienza umana che tiene i due protagonisti lontani da un semplice e sterile dibattito ideologico, riversando nel loro antagonismo insanabile la passione e anche la violenza con cui i mortali vivono le inevitabili fratture della loro limitatezza.
Un mito che attraversa più di due millenni e la cui presenza nella storia della civiltà occidentale è pressoché ininterrotta. Antigone ribelle, Antigone dolente, Antigone eroica, Antigone martire…

divisore

Citazioni ♦

“ISMENE: «Il cuore hai caldo per cose che agghiacciano.»”

“ANTIGONE: «A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dice, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove. E a violarle non poteva indurmi la paura di nessuno fra gli uomini, per poi renderne conto agli dèi. Sarei morta: lo sapevo anche senza il tuo bando. Morirò prima del tempo? Ebbene, lo considero un guadagno: chi vive, come vivo io, fra tante sventure, non ha forse nel morire un guadagno? é il caso mio: per me l’avere in sorte questa morte non è punto un dolore: lo sarebbe se avessi osato lasciare insepolto il morto, uno che nacque da mia madre. Non è dunque di questo che m’affliggo? Un gesto folle tu lo credi? Forse il folle è chi m’accusa di follia.»”

“ANTIGONE: «E perché indugi? Delle tue parole nulla mi piace, e non mi piaccia mai! Così tu non approvi le mie idee. Eppure, donde mai potevo trarre una fama più splendida di gloria, che dando sepoltura a mio fratello? Tutti m’ approverebbero, se a tutti non chiudesse la bocca la paura. Il vantaggio, fra i tanti, del tiranno è poter fare e dire ciò che vuole.»”

“EMONE: «[…] Ebbene, non portare in te quest’abito mentale, e basta, credendo che giusto sia quello che tu dici e il resto no. Chi ritiene d’avere lui soltanto il senno oppure una fecondia, un’anima preclusa ad altri, se lo smonti e guardi dentro, c’è il vuoto. Che un uomo, sia pure un saggio, apprenda molte cose ed eviti punte caparbie, non è certo cosa che rechi disonore. […] anche imparare è bello, da coloro che tengono discorsi ragionevoli.»”

“CREONTE: «Chi, se non io, comanda in questa terra?»
EMONE: «Ma lo Stato non è di un uomo solo»
CREONTE: «Come? Non appartiene a chi comanda?»
EMONE: «Saresti un bel sovrano in un deserto.»
CREONTE: «Lui sta con una donna, a quanto pare.»
EMONE: «Se la donna sei tu: di te mi curo.»”

“TIRESIA: «[…] Tutti gli uomini sbagliano; però, dopo lo sbaglio, non sarà né stolto né disgraziato l’uomo che, piombato in un guaio, rimedia e non s’ostina. Caparbietà, significa stoltezza.»”

“TIRESIA: «C’è qualcuno che sa, che ci riflette…»
CREONTE: «Cos’è questa generica sentenza?»
TIRESIA: « … che il più grande dei beni è avere un senno.»
CREONTE: «E il non averlo il peggiore dei guai.»
TIRESIA: «Proprio di questo morbo tu sei preda.»
CREONTE: «Non ricambio l’ingiuria: sei profeta…»
TIRESIA: «Lo fai, dicendo che profeto il falso.»”

“I NUNZIO: «[…] Arricchisciti pure a piene mani, se credi, e vivi con pompa regale: ove manchi la gioia, per il resto, in confronto al piacere, io non darei neppure il prezzo di un’ombra di fumo»”

“CORIFEO: «Non so: ritengo grave sia l’eccesso di silenzio, sia tante grida inutili»”